Sintesi a cura di Matteo Tasca

Convivenza e prestazione di lavoro a titolo oneroso o gratuito

Con una recente sentenza pubblicata ad aprile la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento dell’onerosità o gratuità del rapporto di lavoro subordinato in caso di convivenza di datore e lavoratore.

Secondo il datore di lavoro non essendo provato il requisito della eterodirezione, requisito fondamentale in un rapporto di lavoro subordinato, ne deriva la presunzione di gratuità dell’attività prestata in ragione del rapporto sentimentale.

Di diverso avviso è la Corte: ‘la giurisprudenza ha chiarito che ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, ma può essere ricondotta ad un rapporto diverso (istituito affectionis vel benevolentiae causa) caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa’.

Nel caso in esame, invece, le prove fornite dalla lavoratrice escludevano in modo chiaro la gratuità della prestazione: la sua presenza presso il negozio del compagno era quotidiana e costante, osservava scrupolosamente l’orario di apertura dello stesso, aveva rapporti costanti con clienti e fornitori, aveva e impiegava specifiche competenze professionali, si occupava della gestione amministrativa e contabile del negozio.

Secondo la Corte il carattere ‘assorbente’ delle energie dedicate e l’intensità tale da precludere lo svolgimento di autonoma attività lavorativa provano la non gratuità dell’attività svolta.

Quanto al requisito della eterodirezione, la cui mancanza solitamente esclude la natura subordinata del rapporto di lavoro e conseguentemente escluderebbe l’onerosità della prestazione lavorativa, nel contesto di rapporti sentimentali e di convivenza tale requisito si esprime in forma attenuata, senza necessità che esso si estrinsechi in ordini specifici e dettagliati, essendo viceversa sufficiente il pieno e stabile inserimento nell’organizzazione aziendale del convivente e l’assenza di autonomia gestionale come accertato dal giudice di merito.